marijan molnar
inside/outside
Marijan Molnar, Inversions 1, b/w photography, 2012
Marijan Molnar, 36 steps, b/w photograps, 1978
inaugurazione sabato 21 maggio, ore 18.30
saluto di Nevenka Grdinić
introduzione di Marina Gržinić
presentazione storico-artistica di Darko Šimičić
conversazione d’apertura con Marijan Molnar
Trieste Contemporanea presenta fino al 13 di luglio la prima mostra retrospettiva italiana dell’artista croato Marijan Molnar, classe 1951, proponendo opere prodotte dall’artista nell’arco di quarant’anni. Figura di spicco dell’avanguardia artistica jugoslava a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, Molnar fu uno degli esponenti della New Artistic Practice, il nuovo corso dell’arte contemporanea che si confrontava con la società del tempo e le nuove rivendicazioni sociali e che fu determinato da un collettivo di giovani artisti che si riunivano in quegli anni intorno alla galleria Podrom e alla galleria PM di Zagabria. Autore soprattutto di performances emblematiche, come “Per la democratizzazione dell’arte”, 1979 o “36 passi”, 1978, Molnar è inoltre videomaker, usa i mezzi tipici del concettuale – la fotografia e la scrittura – e realizza installazioni, progetti multimediali e ambientazioni land e site-specific, attraversando con grande lucidità sperimentale la gamma delle possibilità linguistiche presentatesi per la produzione artistica contemporanea quando essa riaccese con le neo-avanguardie degli anni Sessanta la sua aspirazione ad andare oltre alla pittura. L’artista croato, peraltro, fa della pittura il suo banco di studio e di prove d’esordio, compiendo gli studi alla accademia di Zagabria nel 1976 e conseguendo un successivo Master in pittura nel 1979. Molnar ha al suo attivo quasi un centinaio di mostre collettive e una quarantina di mostre personali e una ricca bibliografia che si compone anche di due importanti monografie: la prima, del 2002, a cura di Miroslav Mićanović dà documentazione della sua produzione 1977-2001 e la seconda, del 2012, affronta a cura di Branko Čegec gli anni 1998-2008.
L’inaugurazione di Inside/Outside si terrà sabato 21 maggio, alle ore 18.30 allo Studio Tommaseo di Trieste (via del Monte 2/1). La mostra è una produzione Trieste Contemporanea, con il patrocinio del Consolato Generale della Repubblica di Croazia a Trieste e con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. L’iniziativa, a cura di Giuliana Carbi Jesurun, è realizzata grazie alla collaborazione dell’Institute for Contemporary Art di Zagabria e dello Studio Tommaseo di Trieste.
Nella serata, che sarà aperta dal Console Generale della Repubblica di Croazia a Trieste Nevenka Grdinić, la storica dell’arte ed artista slovena Marina Gržinić introdurrà il lavoro di Molnar collocandolo nel contesto artistico della scena di Zagabria, mentre lo storico dell’arte e critico croato Darko Šimičić tratterà della sua opera complessiva commentando alcuni emblematici esempi della sua produzione artistica. A chiusura della giornata si svolgerà una conversazione tra Marijan Molnar e il pubblico triestino.
Nella mostra “Inside / Outside”, Marijan Molnar presenta un corpus di opere prodotte nell’arco di quattro decenni, dal 1977 al 2016, in pratica offrendo allo spettatore una lezione sulle potenzialità dell’arte concettuale degli Anni Settanta sviluppatesi all’interno della nuova pratica artistica in Croazia. Come esponente dell’arte concettuale e della body art Molnar è inoltre una figura emblematica e potente della traiettoria che l’arte concettuale descrive partendo da uno sviluppo in sede locale, nello spazio del socialismo e della ex Jugoslavia, ed arrivando alla sua “essenza” globale nel capitalismo neoliberale.
Senza una cronologia palese, Molnar ci porta, però, attraverso un diario di viaggio elettrizzante che comincia negli Anni Settanta con un insieme di azioni di body art e di arte processuale e con il calcolare proprio dell’arte analitica. Questo è il tempo in cui la ricerca artistica complessiva di Molnar è basata sul concetto di misura. Regole matematiche, misure del corpo, computo degli sguardi; lo spazio della galleria è l’estensione del suo corpo. Con una peculiare e costante attenzione anche allo slittamento tra corpo e linguaggio. I passi sono contati e il movimento del corpo è accuratamente registrato. Anche i film in super 8 si conformano a queste misurazioni; registrano la matematica del tempo e dello spazio e dell’azione del corpo.
Gli Anni Ottanta sono più orientati verso lo spazio pubblico, le cui esigenze son affermate a tal punto che la galleria può essere un garage e il garage può essere una galleria. Il punto più importante del lavoro di questi anni è una dichiarata domanda di spazio. L’auto-riflessione è centrale, la forza di rivendicare il diritto di essere un artista concettuale e di andare oltre lo spazio della galleria. Naturalmente, tutto è colorato al maschile, anche se una punta di femminile è presente in quello che chiamerei gesto isterico esplicitamente molnariano. Nell’opera di Molnar questo è un gesto che implica un desiderio senza confini, senza limiti. È presente anche in tutto lo spettro della sua “Domanda per la democratizzazione dell’arte”. Inizia con “Marx e Bakunin”; è un gesto di pura anarchia, di riscrittura, di caos che agisce con efficacia dopo il concettualismo degli Anni Settanta e il suo calcolare in modo così esatto e così analiticamente formale.
Inoltre, gli Anni Ottanta sviluppano anche per l’opera d’arte le istanze che si rivendicano in qualsiasi altro lavoro definito dalla relazione fra lavoro e socialismo di stato e in ciò che è precisamente descritto nel capitalismo con il rapporto tra lavoro e capitale. Per allontanarsi radicalmente da un’arte che è feudo della borghesia e muoversi nella direzione dell’arte come pratica sociale, essendo l’arte concettuale e la body art considerate sacrilegio rispetto agli ideali, così popolari nei circuiti accademici dell’arte, del realismo socialista e del modernismo avanzato. Molnar si è concentrato sulla forza creativa del lavoro vivo, ma anche sul lavoro come possibile forma di resistenza, che è un fattore importante per l’eredità autonomista femminista. È Autonomia Operaia, il movimento italiano degli Anni Settanta, che riemerge nell’atteggiamento verso l’arte contemporanea.
Gli Anni Novanta portano letteralmente ad una inversione e poiché il capitalismo, il consumismo e la televisione e i mass media si impossessano dell’arte, ora l’artista agisce come Topolino in un Disney Store. Molnar si chiede quale sia la forma dell’arte in tutto questo. Che cosa deve essere la comunità artistica? Contro il potere del capitale e del business che svolgono una cooptazione dell’arte e della creatività, Molnar mette in atto una critica della fede neoliberale nel ruolo normativo delle istituzioni dell’arte contemporanea.
Di conseguenza, gli interventi artistici possono essere gesti quasi invisibili, come ad esempio lasciare una scatola di fiammiferi in un angolo della galleria.
Ora è il momento di riemergere ma in modo diverso. Da qui il video “La famiglia” del 2014, un “queer” al suo meglio. Vita post-socialista in campagna. L’artista trasforma una vecchia donna (interpretata da Molnar stesso), immobile e muta, in una specie quasi rara. La segregazione della vecchia donna funziona come la migliore immagine-trofeo da prendere. Lo spettatore contemporaneo sembra essere solo l’ultima canaglia voyeurista.
In ultimo il video “Das Kapital / Die Kunst” del 2016. Capitale e Arte, catturati grammaticalmente tra il genere neutro del capitale (l’articolo tedesco “das”) e il genere femminile dell’arte (l’articolo tedesco “die”), gettano uno sguardo duro ma realistico all’arte contemporanea. Non è strano che questo ultimo lavoro sia un omaggio al “Capitale” di Karl Marx, in cui Marx proponeva una analisi critica del capitalismo come economia politica. L’arte oggi è ostaggio del denaro, della finanziarizzazione, del mercato dell’arte e dell’industria dello spettacolo.
Molnar nel video esegue un’azione che consiste nel contare e sintetizzare il tempo tra il 1977 e il 2016 – di nuovo come ai suoi inizi negli Anni Settanta, ma in modo completamente diverso. Su degli impermeabili sono stampati i nomi di Julije Knifer, Yves Klein, Joseph Beuys, Ad Reinhard e Wolf Vostell e Molnar stesso indossa un impermeabile mentre timbra selvaggiamente le pagine del “Capitale” di Marx, strappa le pagine del libro, brucia e straccia le pagine del libro. Il passaggio dal genere neutro del capitale alla posizione femminile dell’arte è un processo ossessivo oggi incastrato nell’ingranaggio iper-burocratico della macchina amministrativa e della finanziarizzazione.
Ciò potrebbe sembrare piuttosto cinico, ma anche rileva un senso continuo di speranza, proprio perché è senza speranza. Marina Gržinić
Marina Gržinic, professoressa all’Accademia di Belle Arti di Vienna, è una filosofa e un’artista. Vive a Lubiana e lavora a Lubiana e Vienna. Nel 2014 è stata co-autrice con Šefik Tatlic del libro Necropolitics, Racialization and Global Capitalism: Historicization of Biopolitics and Forensics of Politics, Art, and Life (Lexington Books, USA, 2014). Gržinic realizza opere di videoarte, installazioni e mostre performative dal 1982 e in collaborazione con l’artista e storica dell’arte Aina Šmid da Lubiana.
Darko Šimicic è critico d’arte e curatore con sede a Zagabria, Croazia. I suoi interessi più recenti si concentrano sulle avanguardie storiche negli anni 1920 e 1930 (Zenithism, Dada, Bauhaus, fotomontage) e sull’arte croata negli anni 1960 e 1970 (Gorgona, Mangelos, Group of Six Artists, Tomislav Gotovac). Ha co-fondato l’Istituto Tomislav Gotovac di Zagabria ed è nel team di esperti per la mostra retrospettiva di Gotovac che si aprirà al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Fiume nel 2017.
La mostra è una produzione Trieste Contemporanea, con il patrocinio del Consolato Generale della Repubblica di Croazia a Trieste e con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. L’iniziativa, a cura di Giuliana Carbi Jesurun, è realizzata grazie alla collaborazione dell’Institute for Contemporary Art di Zagabria e dello Studio Tommaseo di Trieste, all’adesione della Casa dell’Arte di Trieste e all’assistenza di Dubravka Cherubini e Berislav Vodopija.
Trieste, Studio Tommaseo, via del Monte 2/1
orario da lunedì a sabato 17 – 20
ingresso libero
Trieste Contemporanea–Dialoghi con l’Arte dell’Europa centro orientale
www.triestecontemporanea.it
info@triestecontemporanea.it
+39 040 639187