gabriella cardazzo. il fascino di una grande custode dell’arte
(1940 – 2024)
Gabriella Cardazzo e Patrick Faigenbaum, Trieste 2019
In questi giorni è grande il cordoglio in Europa nel mondo dell’arte contemporanea che perde una sua nobile protagonista. Si è spenta in Trentino il 4 agosto a 85 anni Gabriella Cardazzo.
Gallerista, curatrice d’arte contemporanea, fotografa, regista e videomaker veneziana, Gabriella alla morte del padre nel 1963 fu giovanissima direttrice, insieme al fratello Paolo, della Galleria del Cavallino di Venezia (ndr: la galleria veneziana diventa parte della storia dell’arte contemporanea italiana grazie al padre Carlo Cardazzo che la apre nel 1942, dopo che già nel 1935 aveva avviato le Edizioni del Cavallino; nel 1946 Cardazzo aprirà anche la Galleria del Naviglio a Milano).
I due giovani si dividono i compiti lavorando con gli artisti allora emergenti e stringendo duraturi legami di amicizia. Paolo diventerà un pioniere della videoarte in Italia. Promuoverà, con l’aiuto della sorella, i primi videomaker italiani e li farà confrontare con i colleghi internazionali – ad esempio, sono diventati pagine della storia stessa della videoarte internazionale gli incontri di videoarte organizzati a metà degli anni Settanta nella cittadina istriana di Motovun. Gabriella, interessata fin dagli inizi ad esporre a Venezia mostre di artisti britannici e americani, è a lungo in questi paesi intraprendendo un lavoro di scouting e promuovendo esposizioni all’estero di artisti italiani – lunga la collaborazione con la Richard Demarco Gallery di Edimburgo. La storia di entrambi i fratelli è una virtuosa storia di grandi amicizie, perdurate nel tempo, che fu naturale e generosa nella idealista atmosfera collaborativa tipica degli ambienti artistici della cultura alternativa degli anni Settanta. Gabriella Cardazzo la documenta come fotografa: nel 2020 il suo splendido libro “Il tempo del cavallino” ci regala ritratti “domestici” mozzafiato di grandi artisti come Joseph Beuys, Brian Eno, Dan Graham, Tadeusz Kantor, Les Levine, Patrick Procktor, Joe Tilson. Il libro nasce come una raccolta di schede delle fotografie fino ad allora digitalizzate per andare ad aggiungersi ai documenti del Fondo Cardazzo–Archivio del Cavallino conservato alla Fondazione Cini di Venezia (comprendente i documenti del padre e del fratello e, si spera, a breve anche il deposito da parte della famiglia del fondo personale di Gabriella).
Tra tutti, è Tadeusz Kantor che Gabriella Cardazzo ebbe come interlocutore speciale: si conoscono in Scozia a metà degli anni Settanta grazie all’amicizia con Richard Demarco (ndr: nel 1976 “La classe morta” del regista polacco vince il primo premio al festival di Edimburgo). Nel 1985 Gabriella, che da qualche anno sta producendo una serie di video dedicata a personaggi dell’arte contemporanea, va a Cracovia e Kantor le permette di girare un documentario su di lui. Quindi, come se facesse anche lei parte della compagnia teatrale, assieme a Duncan Ward, segue due anni di tournée internazionali di Kantor e poi gli presenta il montato: gli piace. “Kantor”, film documentario di Gabriella Cardazzo e Duncan Ward (Londra 1987, durata 40 minuti), diventa una delle più dense e coinvolgenti immersioni nella complessa macchina teatrale kantoriana.
Negli anni Novanta fonda l’associazione culturale ArtSpace, che opera per molti anni in Friuli e nel 2011 diventa partner associato del Comitato Trieste Contemporanea, che grazie a lei, affascinata dal mondo artistico polacco del Novecento, realizza fra l’altro importanti approfondimenti triestini su Tadeusz Kantor (dal 2010 al 2020) e apre la strada italiana alla conoscenza di Stanisław Ignacy Witkiewicz (2013). Nel 2021 istituisce il Premio Paolo Cardazzo, un premio ad artisti mid-career per la produzione di un progetto inedito – tuttora un tipo di premio raro in Italia nel mondo dell’arte visiva.
Negli ultimi anni crea e produce progetti internazionali raccogliendo intorno a tematiche di grande attualità sociale il sentimento e il pensiero degli artisti. Così è stato per esempio con i progetti di ricerca “À la frontière…! old and new borders in Europe (2016), e “La ricerca dell’identità al tempo del selfie” (2019) che, testati in più nuclei singoli a Trieste Contemporanea, sono poi esposti in versione integrale in diverse sedi pubbliche europee.
A Gabriella Cardazzo, che, scegliendo di rimanere estranea ai clamori dell’art world, è stata sempre contagiosa e attenta analista del divenire del mondo contemporaneo e straordinaria guida nel riconoscere la sfera spirituale dell’arte, gli amici e i colleghi esprimono la loro gratitudine per quello che ha generosamente insegnato e ammirazione e rispetto per il fascino che ha trasmesso.