attimi relativi
claudio ambrosini
trieste, studio tommaseo
Claudio Ambrosini, compositore e direttore d’orchestra veneziano, classe 1948, ha una densissima carriera musicale internazionale che nel 2007 viene coronata alla Biennale Musica di Venezia con l’attribuzione del Leone d’oro alla musica del presente. La sua opera “Plurimo (per Emilio Vedova)” è scelta dalla giuria internazionale della 51. Festival Internazionale di Musica Contemporanea con la motivazione che il brano musicale è riuscito a “esprimere in maniera originale la memoria di Emilio Vedova” e “impressiona per la grande capacità di trattamento dell’orchestra e, volendolo dire con le parole di Emilio Vedova, per la fluidità, la forma mobile e la liquidità della composizione.”
Riconosciuto oggi tra le più originali e innovative personalità della musica contemporanea italiana, Claudio Ambrosini ha legami con l’arte visiva molto stretti, come questo recente originale omaggio musicale al grande artista informale suo concittadino ci indica e come vedremo nella mostra che ora gli dedica a Trieste l’Associazione l’Officina e Trieste Contemporanea, che si inaugura alla presenza dell’artista venerdì 16 maggio alle 18.30 e che resterà aperta fino al 18 agosto allo Studio Tommaseo (Trieste, via del Monte 2/1).
“Ho conosciuto Emilio Vedova in giovane età – racconta Ambrosini sulle pagine del sito della Biennale – essendo mio padre, anch’egli pittore, suo sodale all’inizio del loro cammino artistico. Poco più che adolescente poi, nel 1972, avevo fondato un gruppo di teatro musicale multimediale – il ‘Teatro Plurimo’ – che riecheggiava, nel nome, i lavori di Emilio. ‘Plurimo’, per due pianoforti e grande orchestra, è uno studio sul controllo dell’energia allo stato di incandescenza, di ‘lava’, e sulla dimensione opposta (e forse meno palese): la forma mobile, la fluidità, la liquidità”. L’idea di energia liquida e di subitaneo accadere musicale è da sempre motivo centrale di ricerca di questo musicista: lo si può affermare con certezza a posteriori, dopo, ad esempio, la sua ‘Big Bang Circus, Piccola storia dell’Universo’ (2001/2002), opera in due tempi per quattro voci, attore, sedici strumentisti e elettronica, ma anche già dopo lo straordinario concerto-performance per vetro e acqua del 1996 che nella Basilica di San Marco fungeva, alla presenza del presidente Scalfaro, da motivo collettore ad un inedito evento di connubio musicale tra cattolici, ortodossi, ebrei e musulmani. Ma questa ‘liquidità’ può anche essere presa come efficace immagine del compenetrarsi di diversi interessi disciplinari che rendono Ambrosini un musicista anomalo.
Aggiungiamo qualche notizia: anche suo nonno era un artista, uno scultore; suo padre era coinvolto assieme a Mario De Luigi nel movimento spazialista veneziano; da ragazzo Ambrosini era appassionato di fotografia. Dopo aver composto e messo in scena nel 1970 ‘The Arid Land’, da T. S. Eliot, la prima opera pop italiana, incisa su Long Playing dalla CBS e replicata più volte dai gruppi ‘enetian Power e Teatro Plurimo da lui fondati (più tardi, detto per inciso, nel 1979, fonderà e dirigerà anche l’Ex Novo Ensemble, tuttora gruppo italiano di punta nell’esecuzione della musica contemporanea), Claudio Ambrosini indaga consonanza e dissonanza e serialità e aleatorietà immergendo la musica nelle nuove frontiere della sintesi elettronica.
Tutto ciò, se pur succintamente descritto, ci fa comprendere che a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta le sperimentazioni di Ambrosini potevano essere accettate con più entusiasmo negli ambienti dell’avanguardia artistica che non in quelli tradizionali, per non dire conservativi, della musica italiana.
Ecco allora che per un intenso decennio (al periodo 1969-1979 è dedicata la mostra triestina) l’ambiente della sua formazione artistica è soprattutto extra-musicale.
Sono gli anni della sperimentazione in fotografia, dell’arte concettuale e dello happening, dell’interesse del pubblico delle gallerie d’arte per le performance. Inoltre, nata per la facile usabilità dei primi portpack messi sul mercato dalla Ampex e dalla Sony e definitivamente entrati nell’armamentario strumentale degli artisti nel 1965 con la celebre ripresa di Nam June Paik della processione di Papa Paolo VI per le strade di New York, la video arte scoppia letteralmente, anche in Italia, attorno ai due unici centri attrattori italiani, in stretto collegamento tra loro, della Galleria del Cavallino di Venezia e di Art/Tapes/22 di Firenze che rischiano assoldando anche giovani artisti sconosciuti come Bill Viola…
In questo periodo Ambrosini è artista visivo a tutto tondo e molto prolifico. Ha una intensa attività espositiva e performativa, internazionale.
Alcuni suoi spartiti, grafismi musicali, compressioni, installazioni, performances, videotapes, audaci opere visive nel panorama italiano dell’arte contemporanea, sono ora riproposti a Trieste. Essi fanno parte di un compatto corpus di studi visivi parallelo alla ricerca musicale, improntata in quegli anni alla sperimentazione degli “attimi relativi”, fulminei magmi sonori che duravano un istante. Attimi relativi è dunque anche il titolo della mostra triestina curata da Giuliana Carbi.
Rivedremo una selezione di video, scelti nella ventina di video d’artista di impronta concettuale realizzati tra il 1976 e il 1979 e incentrati sul corto circuito che un’azione sonora pensata per il video poteva generare dentro agli elementi stessi del linguaggio video, ancora in piena sperimentazione. Vedremo lavori su carta e fotografie che hanno per protagonista la musica, sia come modalità di notazione che come trascrizione di vibrazione sonora. Discuteremo con l’artista i progetti per l’azione ‘Solo/Tutti, per strumenti e circuito audiovisivo, con direttore d’ascolto’ (1973-74), in cui compare un direttore ‘aggiuntivo’ che indica agli ascoltatori dove indirizzare l’attenzione, e per il complesso environment con tracce di percorso e pensiero ‘La Camera di Chopin e George Sand a Maiorca’ (1975). Ritroveremo molto interessanti a distanza storica le carte intitolate Compressioni, lavori vicini ad una pratica scultorea, come dice l’artista stesso in una bella intervista rilasciata l’anno scorso per il catalogo della mostra “Una generazione intermedia. Percorsi artistici a Venezia negli anni ‘70” curata da Riccardo Caldura al Canziani di Mestre: “nodi come resti immaginari di una musica perduta, quasi calcificazioni che affiorano su una traccia, ormai pressoché invisibile, di rigo musicale”.
Claudio Ambrosini
attimi relativi –– spartiti, grafismi musicali, compressioni, installazioni,
performances, videotapes 1969-1979
Trieste, Studio Tommaseo (via del Monte 2/1)
16 maggio > 18 agosto 2008
una produzione L’Officina e Trieste Contemporanea
con l’adesione della Casa dell’Arte di Trieste
a cura di Giuliana Carbi
inaugurazione venerdì 16 maggio, ore 18,30
orario dal lunedì al sabato 17- 20, ingresso libero