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7 maggio 2014

dino marangon / gea e pope

tommaseo40anni #1

Se la grande stagione degli anni Cinquanta, quando Venezia riuscì a riconquistare un ruolo di primo piano tra i maggiori centri della ricerca artistica europea e internazionale, appare ormai relativamente ben esplorata e numerose iniziative espositive e ampi e approfonditi studi sono stati dedicati a maestri come Guidi e Deluigi, a Pizzinato, a Santomaso, a Vedova, ad Alberto Viani e, seppur in minor misura, a Edmondo Bacci, a Gino Morandis e al più giovane Tancredi, non altrettanto si può dire per i migliori esponenti delle successive generazioni che pure hanno saputo dar vita a significativi e originali percorsi creativi.

E' questo, tra gli altri, il caso di Gea D'Este (Venezia 1943) e di Pope (Giuseppe Galli – Portogruaro 1942) che, formatisi entrambi nell'Accademia veneziana e fin da allora legati da profonda amicizia, pur frequentandosi, discutendo e confrontando con assiduità le proprie istanze creative, hanno saputo intraprendere avventure immaginative differenti, ma per certi aspetti complementari. Allieva prima di Giuseppe Cesetti e diplomatasi in seguito sotto la guida di Bruno Saetti, fin dagli esordi, alla metà degli anni Sessanta, Gea D’Este si mostrerà interessata ai nuovi universi d’immagine provocati dall’avvento e dalla diffusione delle produzioni industriali di massa, per giungere quindi a elaborare un’ampia serie di opere caratterizzate da un sottile equilibrio tra un energico costruttivismo meccanomorfo e  acuti rimandi a una emblematica ciclicità temporale.
Si andrà intanto intensificando la sua attività espositiva: dopo aver esposto nel 1968 alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Portogruaro e, nel 1972 alla Galleria La Scaletta di Matera,  l’anno successivo Gea D’Este  terrà, tra l’altro una importante personale alla Galleria Fiamma Vigo, a Roma.
Sempre nel corso del 1973 parteciperà inoltre a diverse importanti rassegne, tra le quali “Art 4’ 73”, a Basilea e all’ “Intenationaler Markt fur Aktuelle Kunst ‘73” a Dusseldorf.
Nel frattempo, Gea D’Este verrà elaborando una vasta serie di opere tridimensionali per lo più in perspex trasparente, nelle quali oltre a depurare i motivi precedentemente delineati, alla ricerca di una compiuta perfezione formale, verrà concentrando l’attenzione sul cammino dello sguardo che, penetrando all’interno di tali strutture viene innestando sottili metafore introspettive. Del 1978 è una importante personale presso la Galleria Tommaseo a Trieste, mentre nel corso dell’anno successivo Gea D’Este prenderà parte all’importante rassegna “Trigon ‘79”, presso la Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, a Graz, esponendo alcune sue originali opere in acciaio verniciato a fuoco, caratterizzate da una estrema sintesi plastica.
A partire dai primissimi anni Ottanta, avvicinandosi originalmente alle esperienze della cosiddetta Process Art, sviluppatasi nel decennio precedente negli Stati Uniti, Gea D’Este verrà quindi superando ogni rigida e geometrica strutturazione formale, operando una concreta identificazione tra l’opera e le metamorfosi della sua stessa consistenza materiale.
L’accentuata duttilità, malleabilità e plasmabilità dei nuovi materiali, come le resine, le plastiche, i poliuretani renderà le superfici così ottenute una sorta di sindone della sensibile esistenzialità dell’artista.Le multiformi fenomenologie connesse con le complesse evoluzioni dell’universo femminile, fondendosi al magma oscuro della materia verranno così significativamente rallentando e ostacolando la possibilità di dar luogo a un passaggio veloce e poveristicamente economico dal significante al significato, esigendo viceversa dal fruitore, una più lenta e profonda riflessione.
Intanto, mentre continua a esporre in Italia e all’estero, Gea D’Este che vanta anche una lunga attività di disegnatrice scientifica presso il Museo di Storia Naturale di Venezia, verrà altresì impegnandosi nel campo dell’informazione artistica, facendo parte, negli anni Novanta della redazione della rivista veneziana “Qnst”, il giornale degli artisti.
Nel 2006 Gea d’Este ha inoltre illustrato per la casa editrice Trieste il libro per ragazzi “Il viaggio avventuroso di Ian Sturio” romanzo per la natura di Sergio Zerunian.
Recentemente, dopo aver lungamente investigato il concreto coagularsi delle materie, Gea D’Este verrà dando vita a una vasta serie di pastelli e di disegni a carboncino, e di sottili, impalpabili lembi di colore, liberamente disposti nello spazio, attraverso i quali esplorare con ancor  maggior sottigliezza i segreti della propria sensibile soggettività e le multiformi istanze della propria inesauribile ansia di conoscenza.

Formatosi all'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Bruno Saetti e di Giuseppe Santomaso, dopo aver esordito con alcune iniziali ricerche di matrice informale, Pope verrà dapprima operando un'inventiva analisi degli emblematismi Pop, per approfondire quindi più complesse indagini geometrico-percettive, caratterizzate da una puntuale elaborazione progettuale delle concentrazioni e dispersioni delle energie luminose.
In seguito, liberatosi fin dai primi anni Sessanta da ogni ossequio alle istanze ottico visuali, Pope verrà indirizzando la propria creatività a una approfondita riflessione sui vari elementi e sul linguaggio stesso della pittura: nasceranno così i suoi Percorsi variabili caratterizzati dalla iterazione di bande cromatiche di uguale larghezza, costituite da due toni leggermente discontinui dello stesso colore, dispiegate a coprire interamente la superficie del quadro, innestando un sottile gioco di uniformità e differenze.
Pur apparentemente uguali, nessuna delle bande cromatiche che pervadono la superficie, proprio per l'obliquità che le informa, è infatti identica a qualsiasi altra.
Ben presto Pope verrà però mettendo in questione i suoi stessi propositi operazionali, velando le sue opere precedenti di una sottile patina dorata.
Lungi dal ridursi a mera attualità, tale apparente cancellazione aprirà la strada a una sempre più puntuale  riflessione sulle singole componenti della pittura e sulle loro relazioni dialettiche: tra supporto e superficie, tra colore e configurazioni immaginative, tra energia e controllo, studiate in un nuovo rapporto con lo spazio e con l'ambiente anche tramite il frazionamento del piano dell'opera e la sua libera ricomposizione sulla parete.
Avvicinatosi alle posizioni della Cosiddetta Pittura analitica, mentre nel frattempo si moltiplicano le occasioni espositive e le sue partecipazioni a importanti mostre, rassegne e simposi in Italia e in Europa, Pope verrà sviluppando la propria creatività in una posizione di singolare equilibrio tra l'esplicarsi di una dirompente immediatezza espressiva di origine segnico-gestuale e l'approfondimento di più controllate istanze astrattiste di ambito razionale.
L'emergere dell'evento cromatico appare così, non senza conflitti e linee di frizione, pur se ricomprese in un ordine strutturale e costruttivo, mentre per contro la forma non si mostra mai racchiusa in una intangibile, geometrica perfezione, lasciando così affiorare il pungente sapore della vita, anche se profondamente trasfigurato all'interno della creativa dimensione dell'opera.
In questo orizzonte, molteplici emergono allora i riferimenti alla storia della pittura contemporanea, dalla vastità delle superfici di Clyfford Still, alla perentorietà della cosiddetta Pittura Segnaletica, dalla impetuosa energia degli oscuri tralicci di Franz Kline, alla spirituale libertà del Suprematismo di Malevitch, alla contemplativa metodicità delle immagini di meditazione di Albers.
Nelle sue opere più recenti, Pope (al quale nel 2009 la Regione Veneto ha dedicato un'ampia antologica a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta) è andato sempre più affinando la qualità della propria pittura che, nella sempre più composta ma vibrante perfezione del ductus, nella sottile invenzione di timbri coloristici, nella calibrata delineazione e curvatura dei contorni – tali da conferire talvolta ai suoi splendidi velari cromatici una sottile virtualità spaziale – va sempre più qualificandosi come una irrinunciabile ricerca di bellezza da contrapporre alla brutture e ai dilettantismi che spesso ci circondano.

Anche solo da queste brevi note appare evidente la diversità dei percorsi messi in atto dai due artisti. Infatti, se, pur riconsiderandoli analiticamente, Pope rimane fedele ai materiali, agli strumenti, alle concezioni e alle modalità realizzative della pittura, Gea oltrepassa i confini delle tradizionali discipline artistiche, superando ogni distinzione tra supporto e superficie, tra immagine e installazione, tra scientificità e universo della coscienza.
Dalla giustapposizione delle loro opere viene però instaurandosi un proficuo e articolato confronto ricco di spunti e di molteplici risvolti analogici: tra verticalità e orizzontalità, tra forma e flussi esistenziali, tra analisi e approccio dialettico, tra maschile e femminile, tra apollineo e dionisiaco:  dualismi, antinomie, contrasti che nei loro molteplici riferimenti, nei loro intrecci, nei loro evidenti  o impercettibili nessi,  sembrano tuttavia  utili a meglio mettere in luce la sconfinata complessità dell'universo contemporaneo.

Dino Marangon

Gea D'Este, Pope e Dino Marangon  a Trieste il 9 maggio 2014

    

Gea D'Este, 1976 – Perspex trasparente su base nera


Pope, Pagine di colore – Rosso – 1983