Trieste Contemporanea novembre 2000 n.6/7
 
Editoriale
Dossier Venezia

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di Enrico Tantucci

L’Unione Europea si accinge ad allargare i suoi confini e lo sguardo corre subito ad Est. Se finora si è parlato soprattutto di economia e di politica, la cultura - trascurata - si porrà inevitabilmente come uno dei terreni obbligati di confronto per favorire l’integrazione tra modelli di società differenti. Se quello occidentale - anche alla luce di quanto sta accadendo nel mondo - appare oggi meno dominante, cresce la curiosità e la voglia di confronto con quei paesi dell’Europa Orientale, destinati, progressivamente, a entrare nell’Unione e che alle inevitabili difficoltà economiche del dopo Muro, abbinano un’idea della cultura e dell’arte meno condizionata dalla nuova società dello spettacolo, ma più rigorosa, che ha in qualche modo preservato la sua forza vitale. Non a caso, un curatore come Harald Szeemann, reduce dalla prima Biennale veneziana del nuovo millennio, ancora intrisa di tecnologia, ha dichiarato che dedicherebbe un’eventuale prossima edizione a una mostra sull’arte dei Balcani, con un titolo già pronto, Il sangue e il miele, che realizzerà in ogni caso. Per questo, proprio partendo dall’esperienza dell’ultima Biennale veneziana, Trieste Contemporanea ha organizzato ai primi di giugno un forum a Venezia, con commissari, curatori, critici e artisti di diversi paesi dell’Europa orientale per cercare di fotografare, attraverso le loro parole e il racconto dello stato dell’arte nei propri paesi d’appartenenza, il momento di transizione che essi stanno vivendo. Ma anche le nuove proposte artistiche, nel momento in cui sembra entrare in crisi quello che un critico ha recentemente definito "il trend pellicolare" dell’arte contemporanea degli ultimi anni. Tutto ciò è tradotto fedelmente in questo numero monografico della rivista in un’ideale continuità, quindi, con il precedente. Se allora, ponendo al centro la nuova Carta del Restauro discussa e varata a Cracovia, ci si interrogava sul concetto di bene culturale e sulle forme ideali della sua conservazione, ora l’attenzione è tutta su come, ancora dall’Europa Orientale possa emergere una volontà di affermare una linea di trasformazione artistica, capace di influenzare anche quella di un’Europa concepita come unitaria.


Enrico Tantucci
 
 

 

 
 
 
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